IL SOGNO NELLO PSICODRAMMA

il sogno nello psicodramma

Il sogno può essere definito come un fenomeno “psichico” che avviene durante il sonno ed è caratterizzato da emozioni, percezioni e pensieri relativi a persone, situazioni o oggetti generalmente vissuti dal sognatore come reali e solo più raramente accompagnati dalla consapevolezza della loro irrealtà. Nei sogni le esperienze “diurne” sono notevolmente alterate, infatti nei sogni governano totalmente le leggi dell’affettività, che prescindono dalle norme logiche e sociali; lo spazio e il tempo sono irreali, cioè il soggetto può essere contemporaneamente in due posti diversi, e insieme attore e spettatore della medesima scena; non vale il principio logico dell’«identità», per cui, per esempio, la persona sognata può essere vissuta dal sognatore come due diverse persone contemporaneamente e senza contraddizione. Naturalmente tali caratteristiche rendono assai complicata l’operazione di tradurre il sogno nel linguaggio logico-discorsivo dell’esperienza diurna.

Il vero inizio dell’indagine scientifica sul sogno si colloca nel nostro secolo, in coincidenza con la pubblicazione, da parte di Freud (nel 1900), L’interpretazione dei sogni, opera fondata sull’analisi rigorosa dei sogni dell’autore stesso.

Ciò che resta presente – in tutte le culture e in tutti i tempi – è sicuramente l’idea che il sogno apra porte che restano serrate durante la veglia, porte che permettono l’accesso a un “mondo altro” È comunque portatore di nuova coscienza e di consapevolezza non altrimenti raggiungibile.

Jacob Moreno, fu l’ispiratore dello psicodramma, fu da lui definito come scienza che esplora la verità, rappresentandola con metodi drammatici.
L’uso della parola “dramma” (dal greco drào: opero, agisco) pone l’accento più sull’azione che sull’ interpretazione verbale nelle dinamiche relazionali. “Il drammatizzare”, secondo Moreno, diventa un mezzo attivo che offre la possibilità di esprimere bisogni, sentimenti, conflitti di ruolo, senza la presenza di ostacoli e di resistenze che la vita reale ci presenta, e di sperimentare senza rischi modi di essere alternativi.
Il protagonista, sul palcoscenico, ha la possibilità di esprimere liberamente il proprio mondo interiore e relazionale, i suoi interrogativi, i suoi blocchi, i sui desideri, i suoi bisogni. In tale situazione, egli avvia progressivamente un dialogo interno che lo può condurre a “vedere” soluzioni altre ai suoi conflitti intrapsichici e/o di relazione col mondo esterno. In questo suo procedere, il soggetto trova la dimensione di supporto e di stimolo fornitegli sia dal gruppo sia dallo psicodrammatista.
Il gioco – e in particolare il gioco sottostante allo Psicodramma – apre uno spazio ‘sospeso’ e a-temporale dove chiunque ha la possibilità di modificare i propri ruoli, (a volte stereotipati) osservare, studiare, e ‘giocare’ nuove strategie, divertendosi. Lo scenario aperto alla psicodrammatizzazione diventa più ‘avvicinabile’ poiché il soggetto sa che, in quel’momento stabilito’, può esplorare soluzioni inimmaginabili nuove ed emozionanti, tutto ciò però, con la possibilità di tornare dentro i propri ruoli e nella sua identità. Questo processo diventa così una sorta di viaggio con biglietto di andata e ritorno da uno spazio di conoscenza da cui estrarre nuove informazioni da integrare.
L’assumere il ruolo di un personaggio immaginario facilita nel protagonista l’espressione di sentimenti e comportamenti che recitando nel ruolo di “se stesso” difficilmente avrebbero potuto emergere.

Classicamente quando si analizzano i sogni viene sospesa qualsiasi forma di “motricità”, nello psicodramma, al contrario, l’azione del gioco, sostenuta dai corpi in movimento apre nuovi e profondi significati alle tematiche oniriche, mobilitando affetti, fantasie, idee e pensieri.

Il sogno nello psicodramma “giocato”, viene interpretato da ciascun membro del gruppo, ma al tempo stesso, diventa sogno proprio a ciascuno.

La “messa in scena” dei propri sogni attraverso la tecnica psicodrammatica, generalmente avviene, scegliendo tra i membri dl gruppo chi vuole rappresentare i personaggi che popolano il proprio mondo onirico. In tal modo si da voce, corpo, movimento, al sogno.
In altre parole è come se il mondo onirico venisse rappresentato attraverso il gioco, le azioni, i gesti, la voce, l’uso del corpo nello spazio trovando una nuova forma di “raffigurabilità”.

Le immagini, le scene del sogno nello psicodramma è come se venissero proiettate su di uno schermo o più precisamente uno spazio dove la rappresentazione possa avere luogo. In un certo qual modo questa è un’analogia che il sogno condivide con le arti figurative, pittura, cinema, in cui senza tela o quadro non c’è dipinto, senza schermo non c’è film. Allo stesso modo senza il gruppo e “il gioco” non c’è la rappresentazione in “scene” dei nostri sogni.
Il sogno nello psicodramma “giocato”, viene regalato all’interpretazione di ciascun membro del gruppo, ma al tempo stesso, diventa sogno proprio a ciascuno.
È attraverso questa partecipazione dell’altro che si coglie il sogno come specchio dell’inconscio.

Jovanovic U.J., “Il sonno e il sogno”, Il pensiero scientifico editore, Roma, 1975

Kaës R. (2005), “La messa in figurabilità di situazioni difficili nello psicodramma psicoanalitico di gruppo” in R. Contardi (a cura di), L’interpretazione dei sogni libro del secolo. L’immagine tra soggetto e cultura, Franco Angeli, Milano

Lemoine G. “ Sogno e gioco nello Psicodramma tra realtà e reale”, in Atti dello Psicodramma, anno IV n.1-2,

Moreno J. L. (1946 –53); “Manuale di psicodramma”, Tr. It. Astrolabio Ubaldini, Roma 1985 – 1989.

Schutzenberger A. A. ; “Lo psicodramma”, Martinelli, Firenze 1972.

Ubaldini, Roma, 1978, pag. 48

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